Ho parecchie storie nel
cassetto. Sono storie che non voglio mettere nei libri: le tengo da
parte per leggerle ai bambini quando vado a trovarli nelle scuole.
Quando sono in mezzo ai bambini, mi diverto molto a leggere le storie
perché faccio tutte le voci e le facce e non smetterei mai. Eccotene
una.
GLI ASINI
VOLANTI
Questa storia è accaduta a
Filaliscio, un paese molto grazioso che, proprio a causa di ciò che sto
per raccontarvi, cambiò nome: dunque non cercatelo sulle carte
geografiche.
All'epoca di questa storia, Filaliscio era un paese modello. Si andava
a dormire presto, non si canticchiava sotto la doccia e neppure si
sentiva la radio. Non parliamo poi della tivù. A Filaliscio si facevano
solo cose utili come studiare, lavorare, pulire e cucinare.
I bambini non giocavano a pallone, le mamme non chiacchieravano e i papà
non si fermavano a raccontare barzellette al bar. Infatti dopo un po'
l'oste aveva chiuso bottega e si era trasferito in un'altra città.
Era impossibile trovare un difetto a Filaliscio, e quindi c'era
parecchia gente invidiosa nei dintorni. Gente maligna, che diceva che
Filaliscio era di una noia mortale, che solo a nominarlo veniva sonno e
che tutto quell'ordine faceva venire il mal di testa.
Ma a Filaliscio non si preoccupavano di queste cattiverie.
Per evitare le liti e le discussioni, che erano considerate cosa
orribile, tutti avevano l'abitudine di parlare poco. Meno si parla meno
si litiga, questo era il detto di Filaliscio.
Se proprio non si poteva fare a meno di parlare, si parlava sottovoce.
Era assolutamente vietato arrabbiarsi e dir parolacce. Se proprio
qualcuno perdeva la pazienza (ma era molto raro) si usavano parole
come Acciderboli, Perbacco, Poffarre, Perdindirindina, Santa Polenta,
Santa Merenda o Porca Paletta.
Non si giocava molto a Filaliscio, anzi, non si giocava per niente e il
perché è facile da capire. Il gioco è una gran perdita di tempo.
Ma poi le cose cambiarono. E tutto per colpa di un signore
chiacchierone. Andiamo per ordine.
Un giorno un viaggiatore proveniente da Filaliscio si fermò a bere un
boccale di birra nell'osteria di un paese qualunque.
Facendo il venditore ambulante era un tipo socievole, altrimenti sarebbe
morto di fame. Così si mise a chiacchierare con l'oste. Due chiacchiere,
un boccale di birra, due chiacchiere, un altro boccale e via così.
"Ah, che bel paese Filaliscio!", diceva il venditore ambulante.
"Cosa avrà di così bello?", chiedeva l'oste.
"Tutto funziona a meraviglia, come dice il nome stesso", spiegava lui.
"Non uno spillo fuori posto, e ve lo dice uno che commercia in articoli
di merceria".
"Sarà", diceva l'oste poco convinto, "ma i paesi son tutti uguali: c’è
del buono e del cattivo dappertutto".
"Allora andateci, se non mi credete. A Filaliscio difetti non ce n’è,
perché sono vietati per legge. Lì non ci si arrabbia e non si discute.
Si lavora e si studia. Non si gioca a briscola o a rubamazzo per non
accapigliarsi. Hanno perfino abolito le osterie, perché si sa che dentro
e fuori le osterie c’è sempre un gran chiasso".
E continuava a descrivere le meraviglie di Filaliscio anche se l'oste
era un pezzo che sbadigliava grande come una frittata.
Ad uno dei tavoli dell'osteria stava seduto un tizio che non si era
perso una parola di quel racconto. Sembrava un qualunque cliente da
osteria, ma non lo era affatto. In realtà era il più grande giocatore di
tutti i tempi e di tutti i luoghi: conosceva tutti i giochi mai
inventati a questo mondo. Giochi di carte antichissimi che si giocavano
nell'antico Egitto o sulla Muraglia Cinese, giochi di prestigio, giochi
di abilità, scacchi, dama, mamasciola e morra.
Di lui si diceva che a furia di giocare a tutti giochi, fosse diventato
un mago. In fondo la magia somiglia molto ad un gioco.
Il grande giocatore stava seduto ad un tavolo, faceva un solitario che
non veniva mai a nessuno (neppure a lui) e ascoltava la storia di
Filaliscio.
"A me un paese così sta già antipatico. Un paese dove non si gioca
perché si fa rumore... ma andiamo! Quella gente avrebbe proprio bisogno
di una bella lezione", decise.
Così cominciarono tutti i guai di Filaliscio.
Il mago pagò le sue birre all'oste e partì per Filaliscio. "Che
spaventoso silenzio, che fastidiosa serietà!", disse quando arrivò. "So
già che mi divertirò come un matto", aggiunse sogghignando.
Perché l'idea di portare la confusione a Filaliscio era uno dei giochi
migliori che avesse mai giocato.
Fece un bel giro per il paese e poi si illuminò: "Un gioco che scombini
tutto e tutti, un gioco senza regole che crei il caos e l'allegria:
questo è ciò che ci vuole", decise.
Così andò ai giardini dove trovò un gruppetto di bambini seduti sul
bordo di un'aiuola.
"A che cosa state giocando?", chiese.
"Al gioco del silenzio", risposero i bambini.
"Vi divertite?", chiese il mago.
"Eh? Come? Non capiamo la domanda", dissero i bambini guardandosi l'un
l'altro.
"Allora sentite: conosco un gioco meraviglioso, che si può fare in ogni
momento e in ogni luogo. Lo volete imparare?", chiese.
"E' qualcosa di rumoroso?", domandarono i bambini. "Non vogliamo essere
sgridati".
"No, no, è un gioco tranquillissimo", li rassicurò il mago. "Tutti in
cerchio attorno a me, e fate attenzione". E spiegò il suo gioco.
"Il passerotto vola", diceva, e tutti i bambini si alzavano in piedi.
"L'elicottero vola", di nuovo tutti in piedi.
"Il canguro vola", tutti seduti, tranne uno che poi dovette far
penitenza.
A quel punto il mago li salutò. "Adesso che avete imparato potete
giocare da soli", disse. E se ne andò, lasciando i bambini seduti in
cerchio a gridare:
"La mucca vola!"
"L'elefante vola!"
Da lontano, il mago sorrise e pronunciò le parole magiche:
Vola la gazza
vola il colibrì
l'asino vola
però solo qui.
Vola il salame
vola il prosciutto
a Filaliscio
vola di tutto
E ripartì.
"La tartaruga vola!", diceva un bambino. E compariva un branco di
tartarughe volanti.
"L'ippopotamo vola!", diceva un altro. E uno stormo di ippopotami
oscurava il sole.
"La barca vola!", e dieci cento mille barchette con le vele e tutto il
resto solcavano il cielo sopra Filaliscio. Era uno spettacolo assai
strano, e non mi sarebbe dispiaciuto esser lì quel giorno.
Improvvisamente, dunque, la gente cominciò a veder svolazzare maiali e
lucertole, frigoriferi e stivali di gomma.
"Accidempoli", si sentiva dire di qua.
"Poffarbacco", si sentiva esclamare di là.
"Porca miseria", disse un tale che si trovò un'enorme cacca di elefante
sul tappetino davanti a casa.
All'inizio tutti erano preoccupatissimi per via di quella confusione, ma
poi a poco a poco cominciarono a trovare la cosa divertente. Chi può
rimanere serio davanti ad uno sciame di tostapane volanti?
La gente usciva dalle case e dagli uffici e dai negozi per osservare
quel fenomeno straordinario. E i serissimi abitanti di Filaliscio con le
facce all'insù additavano i somarelli svolazzanti e le sedie con le ali
prima di scoppiare in fragorose risate.
Non si sa quanto durò la magia del grande giocatore. Forse un giorno,
forse un mese, o forse fu solo un attimo lungo come tanti anni uno in
fila all’altro. Però spazzò via la noia come un vento potente fa con le
nuvole di un temporale.
Qualcuno disse che non si era mai divertito tanto in vita sua, e che in
fondo a Filaliscio ultimamente ci si stufava parecchio.
E il mago giocatore? Continua a provare quel suo solitario ma finora non
gli è ancora venuto. |